Rigenerazione urbana e le nuove tecnologie applicate al costruito

Intervento dell’Avv. Giovanni Govi

al Convegno “Rigenerazione urbana e le nuove tecnologie applicate al costruito” svoltosi il 19 giugno 2019

 

Con questo intervento vorrei tentare di evidenziare, pur nella sintesi e limitatezza proprie di una prima disamina della normativa in un contesto convegnistico, le tante previsioni che la nuova legge regionale contempla nell’ottica di favorire e promuovere gli interventi di rigenerazione urbana. Trattasi, infatti, di un corpus normativo destinato ad assumere particolare rilievo, in considerazione delle nuove frontiere di un sempre minor consumo di territorio inedificato (in vista del “saldo zero”) e di una sempre maggior necessità di miglioramento dell’edificato esistente e di riuso razionale e proficuo dello stesso.

Significativo, al riguardo, che la legge regionale emiliano romagnola n. 24 del 21 dicembre 2017 (recante “Disciplina regionale sulla tutela e l’uso del territorio”) ponga tra i propri principali obiettivi (art. 1, comma 2) quelli di:

  1. a) contenere il consumo di suolo quale bene comune e risorsa non rinnovabile ….;
  2. b) favorire la rigenerazione dei territori urbanizzati e il miglioramento della qualità urbana ed edilizia, con particolare riferimento:
  • all’efficienza nell’uso di energia e risorse fisiche,
  • alla performance ambientale dei manufatti e dei materiali,
  • alla salubrità ed al comfort degli edifici,
  • alla conformità alle norme antisismiche e di sicurezza,
  • alla qualità ed alla vivibilità degli spazi urbani e dei quartieri,
  • alla promozione degli interventi di edilizia residenziale sociale e delle ulteriori azioni per il soddisfacimento del diritto all’abitazione di cui alla legge regionale 8 agosto 2001, n. 24 (Disciplina generale dell’intervento pubblico nel settore abitativo).

 

In proposito, quale prima valutazione si può rimarcare che l’importanza che assume l’obiettivo della rigenerazione dei territori urbanizzati è direttamente connessa all’obiettivo del contenimento del consumo del suolo.

Obiettivo, quest’ultimo, il cui reale impatto ben si comprende se sol si considera che la richiamata legge regionale n.24/2017 pone il traguardo del consumo del suolo “a saldo zero” da raggiungere entro il 2050 (art. 5, comma 1).

In coerenza con il richiamato fine, l’art. 6, primo comma, della legge regionale in questione prevede che la pianificazione territoriale e urbanistica può contemplare, per l’intero periodo di riferimento, un consumo di suolo complessivo esclusivamente contenuto entro il limite massimo del 3% della superficie del territorio urbanizzato esistente alla data di entrata in vigore della stessa novella regionale (ossia al 1 gennaio 2018).

Si noti in proposito che risulta particolarmente limitata la possibilità di consumo di suolo per nuove edificazioni residenziali che viene, comunque, esclusa con la sola eccezione delle nuove edificazioni residenziali necessarie (art. 5 comma 3):

  1. a) per attivare interventi di riuso e di rigenerazione di parti del territorio urbanizzato a prevalente destinazione residenziale;
  2. b) per realizzare interventi di edilizia residenziale sociale, comprensivi unicamente della quota di edilizia libera indispensabile per assicurare la fattibilità economica e finanziaria dell’intervento.

In considerazione di tali finalità è, dunque, evidente il rilievo che assume la “rigenerazione urbana” a cui viene dedicato l’intero Capo II della legge regionale in commento dal significativo titolo “Promozione del riuso e della rigenerazione urbana”.

Al riguardo l’art. 7, fra l’altro, prevede che:

– gli interventi di riuso e di rigenerazione urbana riguardano spazi ed edifici, sia pubblici che privati, da qualificare anche attraverso interventi di demolizione e ricostruzione, nuova costruzione e densificazione, e prevedono l’inserimento di nuove funzioni diversificate, di edilizia residenziale sociale, di spazi e strutture di servizio pubblico;

– gli interventi di riuso e di rigenerazione urbana sono diretti a elevare gli standard di qualità ambientale e architettonica e si pongono l’obiettivo:

  • di conseguire una significativa riduzione dei consumi idrici e di quelli energetici;
  • di realizzare bonifiche di suoli inquinati e la riduzione delle aree impermeabili;
  • di potenziare e qualificare la presenza del verde all’interno dei tessuti urbani;
  • di promuovere una efficiente raccolta differenziata dei rifiuti;
  • di sviluppare una mobilità sostenibile, incentrata sugli spostamenti pedonali, ciclabili e sull’accesso alle reti e nodi del trasporto pubblico.

In tale ottica, il comma 4 dell’esaminando art. 7 prevede che costituiscono interventi di riuso e rigenerazione urbana le seguenti tipologie di trasformazioni edilizie ed urbanistiche dei tessuti urbani esistenti:

  1. a) gli interventi di “qualificazione edilizia“, diretti a realizzare la demolizione e ricostruzione di uno o più fabbricati che presentino una scarsa qualità edilizia, non soddisfacendo i requisiti minimi di efficienza energetica, sicurezza sismica, abbattimento delle barriere architettoniche, igienico-sanitari e di sicurezza degli impianti, previsti dalla normativa vigente, nonché gli interventi conservativi che, senza prevedere la demolizione dell’edificio originario, consentono comunque di realizzare i miglioramenti dell’efficienza energetica, della sicurezza sismica e degli altri requisiti tecnici richiesti dalla normativa vigente ai fini dell’agibilità. Ferma restando l’osservanza della disciplina di tutela del centro storico e degli edifici di valore storico, artistico e testimoniale di cui all’articolo 32, commi 5, 6, 7 e 8, gli interventi di qualificazione edilizia sono sempre ammessi e si attuano con intervento diretto, fatti salvi gli eventuali limiti e condizioni stabiliti dal PUG;
  2. b) gli interventi di “ristrutturazione urbanistica“, come definiti alla lettera h) dell’allegato alla legge regionale 30 luglio 2013, n. 15 (ossia gli interventi volti a sostituire l’esistente tessuto urbanistico – edilizio con altro diverso, mediante un insieme sistematico di interventi edilizi, anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale), comprensivi degli interventi di costruzione e successiva demolizione, disciplinati dall’articolo 13 della stessa legge n. 24/2017, i quali si attuano attraverso permesso di costruire convenzionato;
  3. c) gli interventi di “addensamento o sostituzione urbana“, consistenti nei processi di riqualificazione anche incrementali, che, con particolare riferimento ad aree strategiche della città ovvero ad aree degradate, marginali, dismesse o di scarsa utilizzazione edificatoria, prevedono una loro significativa trasformazione che può comportare, in via esemplificativa: la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati, degli spazi aperti e della rete stradale; la delocalizzazione degli immobili collocati in aree soggette a rischio ambientale e industriale; la demolizione senza ricostruzione di edifici collocati in areali caratterizzati da un’eccessiva concentrazione insediativa, con l’eventuale trasferimento delle quantità edificatorie secondo le indicazioni del PUG; l’inserimento di nuove funzioni e la realizzazione o adeguamento delle dotazioni territoriali, delle infrastrutture e dei servizi pubblici nonché l’attuazione di interventi di edilizia residenziale sociale. Tali interventi sono diretti a rivitalizzare e qualificare il territorio dal punto di vista identitario, sociale ed economico, realizzando nuove attrattività e opportunità di sviluppo. Gli interventi di addensamento o sostituzione urbana si attuano attraverso gli accordi operativi o i piani attuativi di iniziativa pubblica di cui all’articolo 38.

 

Al comma 5 dell’art. 7 è, poi, previsto che la Giunta regionale possa definire linee guida per assicurare l’uniforme definizione e qualificazione degli interventi di riuso e rigenerazione urbana per il tramite di apposito atto di coordinamento di cui all’art. 49 della stessa legge regionale.

Di grande rilievo risulta , altresì, l’art. 8 della legge in commento, dal titolo Incentivi urbanistici per gli interventi di riuso e rigenerazione urbana”.

In tale art. 8, al comma 1, vengono, infatti, previsti una serie di incentivi, quali:

  1. a) la non applicazione del contributo straordinario, di cui all’ articolo 16, comma 4, lettera d-ter), del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 , all’interno del territorio urbanizzato, relativamente alle previsioni del PUG che, al fine di privilegiare il riuso e la rigenerazione delle aree già urbanizzate, prevedano la variazione dei parametri urbanistici stabiliti dagli strumenti di pianificazione previgenti o il mutamento delle destinazioni d’uso precedentemente ammesse, nonché nel caso di rilascio di permessi di costruire in deroga alle previsioni generali di piano;
  2. b) la riduzione del contributo di costruzione in misura non inferiore al 35 per cento rispetto a quello previsto per le nuove costruzioni per gli interventi di ristrutturazione urbanistica ed edilizia, addensamento o sostituzione urbana all’interno del territorio urbanizzato. Si prevede, inoltre, che i Comuni hanno la facoltà di deliberare ulteriori riduzioni del contributo di costruzione, fino alla completa esenzione dallo stesso, in particolare per interventi di addensamento o sostituzione urbana che richiedano la bonifica dei suoli inquinati o la rimozione dell’amianto e di altri materiali pericolosi per la salute o quote significative di desigillazione. È, altresì, precisato che, ai sensi dell’articolo 28, commi 3 e 4, della legge regionale n. 15 del 2013, i mutamenti della destinazione d’uso senza opere, previsti nell’ambito di interventi di riuso e rigenerazione urbana, sono gratuiti qualora comportino il passaggio ad una diversa categoria funzionale non avente maggior carico urbanistico e nel caso di passaggio, all’interno della medesima categoria funzionale, ad un uso non avente maggior carico urbanistico;
  3. c) la possibilità che il PUG preveda che, in sede di accordo operativo e di piano attuativo di iniziativa pubblica, siano riconosciuti agli interventi di addensamento o sostituzione urbana diritti edificatori e altre premialità aggiuntive, previa verifica di sostenibilità del relativo carico urbanistico e in coerenza con le previsioni della strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale, di cui all’articolo 34 della stessa L.R. n. 24/2017;
  4. d) la possibilità che il PUG preveda per gli interventi diretti di qualificazione edilizia e di ristrutturazione urbanistica il riconoscimento, all’atto del rilascio del titolo abilitativo edilizio, di diritti edificatori parametrati al rating ottenuto nell’ambito di un protocollo di certificazione energetico-ambientale e al grado di miglioramento dell’efficienza energetica, della sicurezza antisismica e della sostenibilità dell’edificio rispetto alla sua condizione originaria;
  5. e) la possibilità che gli accordi operativi e i piani attuativi di iniziativa pubblica, allo scopo di favorire l’attuazione delle politiche pubbliche per la casa e di promozione sociale stabilite dalla strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale di cui all’articolo 34, riconoscano ulteriori quote edificatorie, a compensazione dell’impegno assunto dal privato di realizzare, nell’ambito dell’intervento di riuso e di rigenerazione urbana, una quota di alloggi di edilizia residenziale sociale ovvero opere pubbliche aventi finalità sociale;
  6. f) la possibilità che il PUG preveda altre forme di incentivazione degli interventi di riuso e rigenerazione urbana legate alla qualità progettuale degli interventi, quali in via esemplificativa: il rispetto di requisiti tecnici delle opere edilizie più elevati rispetto ai livelli minimi richiesti dalla disciplina vigente; la realizzazione e gestione di aree ecologicamente attrezzate; l’osservanza dei criteri della bioarchitettura; la realizzazione di insediamenti abitativi di cohousing e altri interventi residenziali innovativi per rispondere al disagio abitativo di categorie sociali deboli.

 

Quanto al trasferimento ed alla contestuale ricollocazione delle quantità edificatorie di cui al richiamato comma 1, lettere c), d) ed e) dell’articolo 8 in esame è previsto che il PUG ne contenga la relativa disciplina e, comunque, che tali quantità edificatorie si attuino esclusivamente tramite accordo operativo o piano attuativo di iniziativa pubblica e su aree collocate nel territorio urbanizzato per le quali il PUG ammetta tale possibilità.

Di particolare rilievo anche il terzo comma del detto art. 8 a norma del quale i diritti edificatori di cui al comma 1), ridette lettere c), d) ed e), possono essere riconosciuti dal PUG, previo assenso dei proprietari degli immobili, direttamente agli operatori economici che attuino gli interventi, previa stipula di apposita convenzione trascritta ai sensi dell’articolo 2643, comma primo, numero 2-bis, del codice civile, con la quale gli stessi, a pena di decadenza, si impegnino ad utilizzare i diritti edificatori acquisiti entro il termine perentorio stabilito dalla convenzione, comunque non superiore ai tre anni successivi alla conclusione degli interventi di rigenerazione, con la presentazione di accordi operativi su aree per le quali il PUG ammetta il trasferimento di cubature.

Fra gli articoli che meritano una particolare attenzione, sicuramente degno di nota è l’art. 10 della Legge regionale n. 24/2017 il cui primo comma prevede che:

  • gli edifici esistenti nel territorio urbanizzato che siano oggetto degli interventi di riuso e rigenerazione urbana individuati dall’articolo 7, comma 4, della legge ovvero di recupero funzionale, di accorpamento o di ogni altra trasformazione espressamente qualificata di interesse pubblico dalla disciplina statale e regionale vigente, possono essere demoliti e ricostruiti, all’interno dell’area di sedime o aumentando la distanza dagli edifici antistanti, anche in deroga ai limiti di cui all’articolo 9 del decreto ministeriale n. 1444 del 1968, fermo restando il rispetto delle norme del codice civile e della disciplina di tutela degli edifici di valore storico-architettonico, culturale e testimoniale di cui all’articolo 32, comma 7, della stessa legge regionale. In caso di demolizione di edifici costruiti in aderenza a quelli del vicino o con comunione del muro divisorio, la ricostruzione deve avvenire nel rispetto dei limiti di cui all’articolo 9 del decreto ministeriale n. 1444 del 1968, fatta salva l’ipotesi della fedele ricostruzione.

In attuazione alla previsione di possibile deroga contemplata nell’art. 2 bis del DPR n. 380/2001, la legge regionale in commento, dunque, consente che in caso di interventi di riuso e rigenerazione urbana gli edifici possano essere demoliti e ricostruiti (all’interno dell’are di sedime o aumentando la distanza dagli edifici antistanti) anche in deroga ai limiti di distanza tra i fabbricati di cui all’art. 9 del D.M. n. 1444/1968 (disciplinante “Limiti di distanza tra i fabbricati”) e, dunque, ad esempio anche in deroga alla distanza minima assoluta di mt. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti (come prevista dal richiamato art. 9 al numero 2).

È, invece, tenuto fermo il rispetto delle norme del codice civile e, dunque, anche dell’art. 873 a norma del quale “Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore”.

Altrettanto di interesse il secondo comma dell’art. 10 della L.R. n. 24/2017 che prevede:

  • Gli eventuali incentivi volumetrici riconosciuti per l’intervento possono essere realizzati con la soprelevazione dell’edificio originario, anche in deroga agli articoli 7 (“Limiti di densità edilizia”), 8 (“Limiti di altezza degli edifici”) e 9 (“Limiti di distanza tra i fabbricati”) del decreto ministeriale n. 1444 del 1968, nonché con ampliamento fuori sagoma dell’edificio originario laddove siano comunque rispettate le distanze minime tra fabbricati di cui all’articolo 9 del decreto ministeriale n. 1444 del 1968 o quelle dagli edifici antistanti preesistenti, se inferiori. Il medesimo principio trova applicazione per gli interventi di addensamento o sostituzione urbana previsti dal PUG in conformità alla presente legge.

Di particolare interesse anche l’art. 14 (“Opere incongrue”) che , in attuazione della L.R. n. 16/2002 e dell’art. 3 bis del DPR n. 380/2001, prevede il PUG possa individuare le opere incongrue presenti sul territorio urbanizzato, definendo gli obiettivi di qualificazione dell’ambiente urbano che intende realizzare con la demolizione e significativa trasformazione delle stesse e indirizzi progettuali in merito alla tipologia degli interventi da attuare.

Per incentivare la spontanea rimozione delle opere incongrue, in alternativa alla espropriazione, la rigenerazione delle aree interessate è favorita attraverso il riconoscimento di diritti edificatori ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettere c), d) ed e) della legge in esame, ovvero attraverso accordi di cessione che prevedano le forme di compensazione di cui all’articolo 23 della legge regionale 19 dicembre 2002, n. 37 (recante “Disposizioni regionali in materia di espropri”) [così il richiamato art. 14, comma 2].

Sempre nell’ottica di incentivare l’attuazione degli interventi di riuso e rigenerazione urbana, l’art. 15 della legge regionale in commento istituisce l’ “Albo degli immobili disponibili per la rigenerazione urbana”.

In particolare, è previsto che

  1. Per promuovere la realizzazione degli interventi di addensamento o sostituzione urbana, il Comune predispone e mantiene aggiornato l’albo degli immobili pubblici e privati resi disponibili per interventi di riuso e di rigenerazione urbana e predispone appositi elaborati cartografici per renderne agevole l’individuazione.
  2. Nell’albo sono individuati, in particolare:
  3. a) gli immobili che l’amministrazione comunale destina agli interventi di riuso e di rigenerazione urbana, con indicazione del relativo prezzo base di cessione, calmierato rispetto a quello di mercato … ;
  4. b) gli immobili resi disponibili da altri enti pubblici, previa stipula di apposita convenzione;
  5. c) gli immobili che i proprietari interessati, attraverso la stipula di apposita convenzione, si impegnino per almeno cinque anni a cedere al Comune o a terzi attuatori ad un prezzo calmierato rispetto a quello di mercato.

 

Si noti che la disciplina di questo “Albo”, altresì, prevede:

  1. Allo scopo di promuovere la stipula delle convenzioni di cui al comma 2, lettere b) e c), il PUG può stabilire che, in sede di accordo operativo, siano riconosciute quote edificatorie aggiuntive o altre premialità, a compensazione dell’impegno assunto dal proprietario a cedere gli immobili al Comune o a terzi attuatori ad un prezzo convenzionato, ovvero può consentire la realizzazione di taluni interventi di riuso o rigenerazione urbana solo nel caso di immobili convenzionati.
  2. Per individuare i proprietari interessati, l’amministrazione comunale provvede alla pubblicazione di appositi avvisi pubblici di manifestazione di interesse e, nel corso della predisposizione del PUG, può stipulare accordi ai sensi dell’articolo 61 (id est “Accordi con i privati”) con i soggetti che abbiano avanzato la propria istanza di partecipazione. I privati interessati possono manifestare il proprio interesse anche dopo l’approvazione del PUG e provvedere alla sottoscrizione della convenzione entro il termine stabilito dal piano stesso.

 

Fra gli altri articoli costituenti il Capo II in esame si rinviene, altresì, l’art. 9 (“Standard urbanistici differenziati”) contenente una serie di principi in tema di differenziazione delle prestazioni afferenti allo standard mimino di qualità urbana ed ecologico – ambientale con la finalità di promuovere gli interventi di riuso e rigenerazione urbana.

 

Sempre nell’ottica della promozione e facilitazione di tali interventi si colloca, altresì, l’art. 11 dedicato alla previsione di alcune “Semplificazioni procedurali per gli interventi di riuso e rigenerazione urbana”.

 

Seguono poi, nella Sezione II del richiamato Capo II della L.R. n. 24/2017, un’ulteriore serie di previsioni le quali, a conferma della finalità di promuovere gli interventi di riuso e rigenerazione, contemplano, fra l’altro, la possibilità che la Regione conceda contributi a enti locali ed altri enti pubblici anche istituendo o partecipando a fondi immobiliari, nonché istituendo un apposito fondo di garanzia per favorire l’accesso al credito (art. 12).

 

Un apposito articolo, l’art. 13, disciplina specificatamente gli interventi di costruzione e successiva demolizione ricompresi nelle ristrutturazioni urbanistiche, mentre il Capo II in commento termina con gli artt. 16 e 17 rispettivamente dedicati alla possibilità che i Comuni consentano l’utilizzazione temporanea di edifici e spazi dismessi per usi diversi da quelli prescritti (art. 16) e che promuovano il ricorso a concorsi di progettazione, di idee, nonché ai processi di progettazione partecipata al fine di elevare la qualità dei progetti urbani di riuso e rigenerazione.

 

Alla luce delle richiamate norme, a mo’ di conclusione di questa prima disamina, si può, dunque, osservare che il legislatore regionale ha posto una serie di previsioni che risultano potenzialmente idonee a sollecitare ed incentivare quegli interventi di riuso e rigenerazione la cui complessità è, spesso, foriera di difficoltà attuative  che, come anche recenti casi ci rammentano, a volte divengono insormontabili.

Per l’effettivo successo degli interventi in questione è, tuttavia, evidente che molto dipenderà da come tali previsioni troveranno traduzione ed attuazione a livello di pianificazione locale generale e, forse ancor più, a livello di accordi operativi e piani attuativi di iniziativa pubblica.

Il tutto, con l’ulteriore considerazione che per la buona riuscita di qualsivoglia “progetto” di governo del territorio, e specialmente con riferimento agli interventi di riuso e rigenerazione urbana, diviene, oggi giorno, di fondamentale importanza la qualità della collaborazione tra pubblico e privato e l’attivazione di altri “strumenti” incentivanti, da assumere in primis in ambito statale, operanti sul fronte della “leva fiscale”, sotto forma di sgravi, detassazioni e detrazioni.

***

Disciplina regionale sulla tutela e uso del territorio _ Commento della legge regionale 21/12/2017 n. 24 a cura dell’avvocato Govi

La legge regionale emiliano romagnola 21 dicembre 2017 n. 24 a poco più di un anno dalla sua entrata in vigore: gli aspetti di maggior rilievo per la proprietà fondiaria con particolare attenzione al periodo transitorio ed agli strumenti per la tutela del valore e della potenzialità edificatoria delle proprietà private.

di Giovanni Govi*

 

  1. La novella regionale: un forte ridimensionamento dell’espansione edificatoria verso il “saldo zero”

 

Come ormai noto, la Regione Emilia Romagna con legge n. 24 del 21 dicembre 2017, entrata in vigore il 1° gennaio 2018, ha varato la nuova “Disciplina regionale sulla tutela e l’uso del territorio” .

Parimenti noto che tale novella – sostituendo le previgenti leggi regionali n. 20/2000 (in materia di governo del territorio) e n. 19/1998 (in materia di riqualificazione urbana) – si pone in discontinuità con la precedente normativa sia per quanto concerne gli obiettivi che si prefigge, sia per quanto concerne l’individuazione e disciplina di nuovi strumenti di pianificazione.

Relativamente al primo dei richiamati aspetti, significativo che la nuova legge regionale espliciti, quali primi obiettivi in ordine di elencazione, il contenimento del consumo del suolo ed il perseguimento della rigenerazione dei territori urbanizzati unitamente al miglioramento della qualità urbana ed edilizia.

Il tema del contenimento del consumo di suolo acquisisce particolare rilievo essendo al medesimo dedicato l’intero Capo I del Titolo II della legge in commento (artt. 5 e 6), ove viene, in primis, posto il traguardo di consumo del suolo “a saldo zero” da raggiungere entro il 2050.

Al riguardo, fondamentale importanza per comprendere il reale impatto di tale previsione assume la definizione di consumo del suolo da intendersi come valore dato dal saldo tra le aree per le quali la pianificazione urbanistica attuativa prevede la trasformazione insediativa al di fuori del perimetro del terreno urbanizzato e quelle per le quali la medesima pianificazione stabilisce una destinazione che richiede, all’interno del detto perimetro, interventi di desigillazione attraverso la rimozione delle impermeabilizzazioni del suolo (così il quinto comma dell’art. 5).

In coerenza con il richiamato fine, l’art. 6, al primo comma, prevede che la pianificazione territoriale e urbanistica possa contemplare, per l’intero periodo di riferimento, un consumo del suolo complessivo esclusivamente contenuto entro il limite massimo del 3% della superficie del territorio urbanizzato esistente alla data di entrata in vigore della stessa legge regionale n. 24/2017.

Restano escluse dal computo della quota massima di consumo del suolo, previa valutazione di insussistenza di possibili localizzazioni alternative non comportanti nuovo consumo di suolo, le aree da destinarsi alla realizzazione di specifici interventi, opere ed insediamenti, come elencati e disciplinati dai commi quinto e sesto del ridetto art.6 (fra cui, a titolo esemplificativo, si ricordano le opere pubbliche di rilievo sovracomunale, gli interventi di ampliamento e ristrutturazione di fabbricati adibiti all’esercizio di impresa, i nuovi insediamenti produttivi di interesse strategico regionale, i fabbricati nel territorio rurale funzionali all’esercizio delle imprese agricole e gli interventi di parziale recupero della superficie di edifici non più funzionali all’attività agricola oggetto di interventi di demolizione secondo le previsioni dell’art. 36, quinto comma, lett. a, della stessa novella).

Particolarmente limitata la possibilità di consumo di suolo per nuove edificazioni residenziali che viene, comunque, esclusa con le sole eccezioni delle nuove edificazioni necessarie per attivare interventi di riuso e di rigenerazione di parti del territorio urbanizzato a prevalente destinazione residenziale, ovvero per realizzare interventi di edilizia residenziale sociale, comprensivi unicamente della quota di edilizia libera indispensabile per assicurare la fattibilità economico finanziaria dell’intervento.

Di rilievo, per quanto concerne i primi anni di applicazione della novella e gli effetti rispetto alla precedente pianificazione, il settimo comma dell’art. 6 ove vengono escluse dal computo del limite massimo del 3% le aree utilizzate per l’attuazione delle previsioni dei piani urbanistici vigenti, secondo il disposto dell’art. 4 della legge in esame.

 

  1. I nuovi strumenti di pianificazione: l’urbanistica negoziata diviene norma cogente

 

Quanto, poi, agli strumenti di pianificazione di livello comunale, la novella, con la precipua finalità di semplificare e valorizzare i processi negoziali nella fase operativa degli interventi, individua due soli strumenti, ossia il Piano urbanistico generale (PUG) e gli accordi operativi unitamente ai piani attuativi di iniziativa pubblica (art. 30, primo comma, lett. a e b).

In particolare, relativamente ai contenuti del PUG si prevede che tale strumento stabilisca la disciplina di competenza comunale sull’uso e la trasformazione del territorio, con particolare riguardo ai processi di riuso e di rigenerazione urbana. Mediante gli accordi operativi e i piani attuativi di iniziativa pubblica, invece, l’amministrazione comunale, in conformità al PUG, attribuisce i diritti edificatori, stabilisce la disciplina di dettaglio delle trasformazioni e definisce il contributo delle stesse alla realizzazione degli obiettivi stabiliti dalla strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale. Di rilievo la precisazione secondo cui gli accordi operativi e i piani attuativi di iniziativa pubblica sostituiscono ogni piano urbanistico operativo e attuativo di iniziativa pubblica e privata, comunque denominato, previsto dalla legislazione vigente all’entrata in vigore della novella.

Relativamente ai contenuti precipui del PUG, trattasi dello strumento con cui il Comune, con riferimento a tutto il proprio territorio, delinea le invarianze strutturali e le scelte strategiche di assetto e sviluppo urbano di propria competenza perseguendo la priorità finalità della rigenerazione urbana del territorio urbanizzato, della riduzione del consumo del suolo e della sostenibilità ambientale e territoriale degli usi e delle trasformazioni.

In particolare, mediante il PUG è individuato il perimetro del territorio urbanizzato e dettata la relativa disciplina, viene stabilita la strategia per la qualità urbana ed ecologica – ambientale, nonché si disciplinano i nuovi insediamenti realizzabili al di fuori del perimetro del territorio urbanizzato ed il territorio rurale.

Agli accordi operativi, invece, spetta principalmente il compito di attuare le previsioni del PUG relative al riuso ed alla rigenerazione del territorio urbanizzato e alle nuove urbanizzazioni.

Dunque, gli accordi operativi costituiscono, a ben considerare, una delle novità di maggior rilievo della legge regionale n. 24/2017 giacché con l’introduzione di tali strumenti il legislatore rende fisiologico il ricorso ad accordi tra amministrazione comunale e soggetti attuatori in luogo dei precedenti piani urbanistici operativi ed attuativi (i quali, come anticipato, non sono più contemplati nella novella regionale).

Trattasi di accordi riconducibili al genus degli accordi sostituivi di provvedimento ex art. 11, l. n. 241/1990, i quali, infatti, la nuova legge regionale espressamente assoggetta, prima della loro stipula, a specifiche forme di pubblicità, controllo e valutazione (art. 38, secondo comma).

L’accordo operativo è, dunque, uno strumento che richiede un particolare impegno da parte del privato sotto il profilo, in primo luogo, della predisposizione di una documentazione di rilevante complessità coinvolgendo competenze tecniche (in specie, urbanistico ed edilizie),  giuridiche (in specie, con riferimento al diritto amministrativo, urbanistico e civile) e finanziario/contabili (in particolare, per quanto concerne i valori economici degli interventi pubblici e privati programmati e la dimostrazione della fattibilità e sostenibilità degli stessi).

Ai fini della stipulazione degli accordi operativi, infatti, i soggetti interessati sono tenuti a presentare al Comune una proposta contenente una serie di elaborati, quali, il “progetto urbano” (puntualmente rappresentativo dell’assetto urbanistico ed edilizio dell’ambito territoriale interessato), la “convenzione urbanistica” (ove vengono definiti gli obblighi assunti dal privato, il cronoprogramma degli interventi e le garanzie finanziarie a carico  del privato stesso), la “relazione economico finanziaria” (comprovante, come evidenziato, la fattibilità e sostenibilità degli interventi programmati), nonché il documento di Valsat dell’accordo operativo, ovvero il rapporto preliminare nel caso in cui l’accordo operativo sia sottoposto a verifica di assoggettabilità (così  il terzo comma dell’art. 38).

Peraltro, nell’ottica di un’applicazione della norma conforme ai principi di imparzialità, trasparenza e parità di trattamento, il primo comma, secondo e terzo periodo, dell’art. 38 contempla la possibilità per il Comune di promuovere la presentazione di proposte di accordi operativi attraverso la pubblicazione periodica di avvisi pubblici di manifestazione di interesse nei quali l’amministrazione esplicita gli obiettivi prioritari da perseguire nell’attuazione delle previsioni del PUG. In tali avvisi pubblici il Comune può, altresì, fornire indicazioni di massima di carattere progettuale e localizzativo, da osservarsi nella predisposizione del progetto urbano (progetto, come evidenziato, integrante uno degli elementi della proposta che il privato attuatore presenta all’amministrazione comunale).

Alla luce della nuova normativa, può, dunque, affermarsi che il legislatore regionale ha voluto attribuire particolare rilievo alla c.d. urbanistica negoziata prevedendo l’accordo operativo, specie del genus “accordi sostitutivi del provvedimento”, quale ordinario strumento di pianificazione con valore ed effetti di piano urbanistico, al contempo, operativo ed attuativo.

In proposito, risulta evidente che, in tal modo, l’urbanistica per accordi assume importanza ancora maggiore di quella che sino ad oggi aveva avuto, raggiungendo livelli di pianificazione a cui prima poteva accedere solo occasionalmente e, comunque, non quale unico ed esclusivo modulo procedimentale.

Importanza che ben emerge dalla disciplina specifica contemplata nell’art. 38: al riguardo, significativo il disposto del settimo comma di tale articolo in cui è previsto che – ove il PUG non abbia specificamente individuato le dotazioni infrastrutturali e di servizi pubblici necessariamente correlate a quel dato intervento – il Comune (per il tramite dell’Ufficio di piano di cui all’art. 55 della medesima legge regionale) svolga una vera e propria “negoziazione con i privati interessati” al fine di definire l’entità di tali dotazioni e servizi da porsi a carico degli attuatori.

Al riguardo, manifesta l’importanza che assume il monitoraggio degli avvisi di manifestazione di interesse con cui le amministrazioni comunali stimolano la presentazione delle proposte di accordi operativi, nonché l’importanza di predisporre tali proposte in modo completo ed esaustivo (mediante la scrupolosa redazione dei documenti indicati nel richiamato terzo comma dell’art. 38), nonché l’importanza di condurre la negoziazioni con gli uffici comunali nei termini più efficaci possibili anche avendo cura di raggiungere un equilibrato contemperamento tra le richieste dei Comuni e la posizione del singolo attuatore. Tutti aspetti in riferimento ai quali il privato dovrà, giocoforza, farsi assistere da qualificate professionalità – come evidenziato tanto in ambito tecnico, che giuridico ed economico – fiscale/contabile – al fine di presentare una proposta di accordo operativo con la più alta possibilità di valutazione positiva ed al fine di condurre la relativa negoziazione in modo consapevole ed adeguato.

 

  1. Il periodo transitorio: ultima possibilità di preservare le previsioni di espansione prima del loro azzeramento

 

Sempre con riferimento alla novella regionale, occorre dar conto di un altro ambito applicativo in cui le competenze professionali assumono particolare rilievo. Trattasi, in specie, dell’attuazione degli strumenti urbanistici vigenti come disciplinata dall’art. 4 della legge regionale n. 24/2017 in combinato disposto con l’art. 3 della medesima novella regionale.

In particolare, il primo comma dell’art. 3 della nuova legge regionale prevede l’obbligo per i Comuni di avviare il processo di adeguamento dei propri strumenti pianificatori ai nuovi strumenti entro il termine perentorio di tre anni dall’entrata in vigore della medesima legge n. 24/2017 e di concluderlo nei due anni successivi.

Il quarto ed il quinto comma del citato art. 3 altresì prevedono la possibilità – per i Comuni che prima dell’entrata in vigore della novella avevano adottato il Piano Strutturale comunale (PSC) ed il regolamento urbanistico edilizio (RUE) e per i Comuni, dotati di PSC , che prima dell’entrata in vigore della novella medesima avevano adottato il Rue, il Poc o varianti ai medesimi od al PSC – di terminare l’iter procedimentale rispettivamente approvando il PSC ed il RUE ovvero il POC e le varianti adottate a RUE, POC e PSC secondo la previgente disciplina. Ciò fermo restando gli obblighi di rispettare i termini di adeguamento ai nuovi strumenti di pianificazione, come da richiamato primo comma dello stesso art. 3.

Peraltro, a fronte dei richiamati obblighi di adeguamento, il primo comma dell’art. 4 della novella in commento prevede la possibilità che i  Comuni, entro il perentorio termine di tre anni dall’entrata in vigore della stessa legge regionale n. 24/2017, promuovano, attraverso apposita delibera di indirizzo del Consiglio comunale, la presentazione di accordi operativi finalizzati all’immediata attuazione di parte delle previsioni contenute nei vigenti PSC, nonché promuovano il rilascio di permessi di costruire convenzionati per attuare le previsioni del PRG e del POC vigenti.

In particolare, nel caso in cui il Comune intenda predisporre la richiamata delibera di indirizzo, è prevista la prodromica pubblicazione, entro i termini sollecitatori di sei mesi dalla data di entrata in vigore della stessa legge regionale n. 24/2017 ovvero di sei mesi dall’approvazione del PSC nei casi previsi dal quarto e quinto comma del precedente art. 3, di un avviso pubblico di manifestazione di interesse contenente termini, contenuti e modalità con cui i privati possono avanzare le loro proposte in merito alle previsioni del vigente PSC da attuare attraverso accordi operativi (così il terzo comma dell’art. 4).

Altresì degna di nota la previsione secondo la quale, nel richiamato termine di cui al primo comma dell’art. 3, possono essere adottati (o può essere completata la procedura di approvazione se la relativa adozione era intervenuta prima dell’entrata in vigore della novella regionale) una serie di strumenti urbanistici, fra i quali piani attuativi dei piani regolatori comunali vigenti, anche in variante, i Piani urbanistici attuativi (PUA) di iniziativa pubblica o privata di cui alla legge regionale n. 20/2000, i Programmi di riqualificazione urbana (PRU) di cui all’art. 31 della legge regionale n. 19/1998, nonché gli atti negoziali e i procedimenti speciali di approvazione di progetti aventi l’effetto di variante agli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica (cfr. art. 4, quarto comma).

Trattasi, dunque, di norme particolarmente importanti in quanto contemplanti sia la possibilità di completare procedimenti avviati prima dell’entrata in vigore della legge regionale n. 24/2017, sia la possibilità di modificare ed attuare gli strumenti urbanistici vigenti nel corso del periodo transitorio (ossia del periodo che si compone di una prima fase triennale, con termine perentorio al 01.01.2021, e di una seconda fase con termine perentorio al 01.01.2023, come da richiamato primo comma dell’art. 3).

In particolare, la stipula della convenzione urbanistica relativa agli accordi operativi, ai permessi di costruire convenzionati e agli altri strumenti attuativi di piani previgenti dovrà avvenire entro il perentorio termine di cinque anni dalla data in vigore della medesima novella regionale del 2017 (ossia entro il richiamato termine del 01.01.2023). Tali convenzioni devono, altresì, prevedere termini perentori per la presentazione dei titoli abilitativi richiesti, allo scopo di assicurare l’immediato avvio dell’attuazione degli interventi (cfr. il quinto comma dell’esaminato art.4).

Siamo, dunque, al cospetto di norme di particolare rilievo che impongono un attento monitoraggio delle deliberazione dei Comuni per quanto attiene all’approvazione di strumenti attuativi di piani urbanistici vigenti ed all’attuazione di previsioni contenute in PSC, POC e PRG vigenti, nonché una tempestiva attivazione dei privati per la presentazione di piani attuativi e di proposte di accordi operativi e/o di permessi di costruire convenzionati e per la stipula delle relative convenzioni.

Infatti, alla conclusione della prima fase di tre anni dall’entrata in vigore della legge (id est al richiamato termine perentorio del 01.01.2021) non sarà più consentito variare i piani formati con le legislazioni previgenti e avviarne l’attuazione. Da tale data, sarà, infatti, solo possibile concludere l’iter approvativo delle varianti e dei piani attuativi e convenzionare gli strumenti attuativi adottati/presentati (ed eventualmente anche approvati) in precedenza.

Trascorso, poi, il successivo termine di cinque anni dalla data di entrata in vigore della medesima legge regionale n. 24/2017  (ossia, dal 01.01.2023) nei Comuni in cui non sia stato completato l’iter approvativo degli strumenti attuativi e che non abbiano stipulato la relativa convenzione (pur avendone formalmente avviato il procedimento di approvazione entro il 01.01.2021) decadranno gli effetti degli atti assunti a quella data con conseguente impossibilità di approvare e convenzionare tali strumenti attuativi.

Inoltre, dalla medesima data del 01.01.2023 decadranno tutti gli strumenti attuativi rispetto a cui siano scaduti i termini perentori stabiliti in convenzioni senza che sia stata presentata domanda per il rilascio dei relativi titoli edilizi. Ciò, dunque, con azzeramento di tutte le relative previsioni di espansione.

Anche con riferimento al periodo transitorio è, dunque, di fondamentale importanza procedere senza indugio alla verifica delle previsioni pianificatorie vigenti al 01.01.2018, del loro stato di attuazione ed alla predisposizione di quegli strumenti che la novella temporaneamente attribuisce ai privati per preservare le previsioni di espansioni inerenti le loro proprietà. Tutti aspetti anche in relazione ai quali il privato dovrà necessariamente farsi assistere da qualificate professionalità – come evidenziato tanto in ambito tecnico, che giuridico ed economico – fiscale/contabile – al fine di tutelare, nel miglior modo possibile, il valore e le potenzialità dei propri beni.

 

* Avvocato, Consulente APE Bologna, membro del Coordinamento urbanistico di Confedilizia.

***

L’Associazione della Proprietà Edilizia Ape di Bologna offre una completa consulenza per tutti gli aspetti relativi all’applicazione ed attuazione della legge urbanistica regionale dell’Emilia Romagna n. 24/2017 con i propri consulenti in diritto amministrativo, urbanistico e civile, di area tecnica ed economico- fiscale contabile. 

“PROGETTO CASA ITALIA” Convegno Associazione Proprietà Edilizia di Bologna 23 febbraio 2017

intervento di Giovanni Govi (avvocato, membro coordinamento urbanistico Confedilizia)

Definizione dei requisiti minimi di prestazione energetica degli edifici: la deliberazione di Giunta regionale n. 967 del 20 luglio 2015 e le modifiche di cui alla recente deliberazione di Giunta regionale n. 1715 del 24 ottobre 2016.

Come noto la normativa in tema di efficientamento energetico e di prestazione energetica degli edifici negli ultimi tempi è oggetto di numerosi interventi e modifiche che, dunque, determinano la necessità, oltre che di continui aggiornamenti, anche di operazioni tese al coordinamento, adeguamento e riconduzione a sistema di tutte le norme che, a vario livello, costituiscono il corpus della materia.

Tale complessità normativa è senz’altro implementata dalla circostanza che la materia in questione vede la gerarchia delle fonti ed i diversi livelli normativi coinvolti pressoché nella loro totalità. LEGGI TUTTO

TESTO PROPOSTA LEGGE REGIONALE EMILIA-ROMAGNA

La semplificazione della disciplina edilizia

commento di Giovanni Govi (avvocato, membro coordinamento urbanistico Confedilizia)

Sommario:

La semplificazione della disciplina edilizia rappresenta (almeno nelle intenzioni) l’obiettivo e la ratio di due importanti novelle di recente approvazione.

Ci si riferisce, da un lato, per quel che concerne la normativa di fonte statale, all’art. 30 del D.L. 21 giugno 2013 n. 69 (c.d. “decreto del Fare”), convertito in legge con modificazioni dalla Legge 9 agosto 2013 n. 98 (pubblicata in G.U. n. 194 del 20 agosto 2013, Supplemento Ordinario n. 63) e, dall’altro, sul piano della normativa regionale, alla L.R. dell’Emilia Romagna n. 15 del 30 luglio 2013.

In proposito, volendo iniziare questo breve excursus dalla novella statale, il richiamato D.L. n. 69/2013, contenente una serie di disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia, apporta, con il proprio art. 30 (intitolato, per l’appunto, “Semplificazioni in materia edilizia”), diverse modifiche ed integrazioni al Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia di cui al d.P.R. n. 380 del 6/6/2001 (di seguito T.U. dell’Edilizia o T.U.E.).

Trattasi di modificazioni od inserimenti di nuovi commi, per certi versi, connotati da una notevole eterogeneità e che spesso risultano accomunati unicamente dall’intento (più o meno riuscito) di semplificare i procedimenti amministrativi in materia edilizia allo scopo di creare i presupposti per una ripresa della crescita economica.

Successivamente, si procederà con l’esame della richiamata L.R. dell’Emilia Romagna n. 15/2013 sia al fine di evidenziarne i contenuti di maggiori rilevanza, sia per metterne in luce alcune problematiche in termini di rapporti con il testo normativo statale.

Da ultimo, pur nella schematicità imposta dalla molteplicità dei campi di intervento oggetto delle due novelle normative, si tenterà di fornire alcuni primissimi spunti di riflessione circa l’effettiva idoneità delle novità introdotte al raggiungimento di quelle finalità di semplificazione e di rilancio dell’economia perseguite tanto dal legislatore nazionale che da quello regionale. LEGGI TUTTO

TESTO LEGGE REGIONALE 30 luglio 2013, n. 15